Centro Etnografico
Localizzazione:
Italy – Paluzza frazione di Timau
Progetto di:
Mentil Federico Capogruppo, Marco Ragonese, Ceschia Gaetano, Nicola Vignaga, Simone Turrina, Muser Giulio, Amerio Maurizio, Claudia Battaino, Vera Bressan, Simone Cadamuro, Andrea, Cossi, Fabio Gigone, Ottaviano Matiz, Stefano Longhi.
Cronologia:
2009
Premessa
Nell’ottica del recupero del tessuto edilizio esistente, la proposta progettuale non riguarda la
realizzazione di un nuovo manufatto ma il recupero di una preesistenza: la scuola “Giobatta Unfer”. L’edificio rappresenta, grazie alla sua dimensione (soltanto la chiesa principale ha una scala simile) e alla sua posizione, un’importante emergenza nel costruito del piccolo paese di Timau.
Abbandonato da trentacinque anni sembra essere il simbolo dei fenomeni sociali ed economici sopra descritti e, proprio per questo motivo, una volta recuperato potrà rappresentare il simbolo di un nuovo corso. Le numerose tipologie che riguardano gli edifici scolastici sono da sempre caratterizzate da una chiarezza compositiva grazie a cui è possibile identificare gli spazi di distribuzione (i corridoi), gli elementi di connessione (le scale) e gli spazi di abitazione (le aule). La scuola di Timau è esemplare da questo punto di vista: l’ingresso conduce ad una scala che connette gli ampi corridoi sui due piani esistenti. Tale chiarezza può, in realtà, rivelarsi un ostacolo nel momento in cui l’edificio non viene più utilizzato per la funzione originaria: in questo caso emerge la rigidezza dell’impianto, tipica degli edifici monofunzionali. La base su cui poter attuare qualsiasi intervento finalizzato al recupero e la rifunzionalizzazione di questi edifici, dovrebbe essere costituita da un programma funzionale chiaro (capace di garantirne il
funzionamento a prescindere dagli esiti formali) attraverso cui trovare delle soluzioni che trasformino degli spazi rigidamente gerarchizzati in ambienti flessibili. Il programma proposto per la scuola di Timau pone al centro la tradizione, intesa come un elemento vivo, trasmissibile e al tempo stesso rinnovabile, un indispensabile supporto su cui costruire una società contemporanea proiettata nel futuro grazie ad uno sguardo cosciente, ma non nostalgico, al passato. In quest’ottica si prevede di collocare in un unico edificio il museo etnografico (pensato anche come centro di studi linguistici) e gli spazi per le associazioni presenti in paese; la densità delle funzioni permetterà, così, un uso continuativo dell’edificio sia in termini di tempo
(nell’arco della giornata e delle stagioni) che di fruitori (dai bambini agli anziani). Il progetto individua nel corridoio l’elemento che, riprogettato, trasformerà l’edificio in una “macchina” all’interno di cui potranno trovare posto le attività culturali timavesi e i turisti che vorranno conoscere la particolare realtà di questa parte di Carnia. Il corridoio, infatti, diventerà
la nuova hall-galleria, uno spazio pubblico attraverso cui poter accedere agli ambienti dei vari piani, capace di funzionare autonomamente e, all’occorrenza, diventare un’estensione a servizio delle funzioni esistenti. La galleria, caratterizzata da piani a differenti altezze collegati da gradini e rampe, sarà lo spazio caleidoscopico dove ogni funzione, pur mantenendo la propria autonomia, contribuirà a comporre un colorato quadro aperto e sempre cangiante.
Proposta progettuale
Il progetto parte dalla trasformazione degli elementi di distribuzione e di connessione verticale
affinché possa essere configurato un nuovo spazio ibrido che, sovrapponendo due funzioni come collegare ed esporre, funga da elemento di unione dei diversi livelli e da galleria espositiva del museo etnografico. Nel rispetto dello schema compositivo della scuola, la nuova galleria sarà caratterizzata da un sistema di piani liberi connessi da scale e rampe che, occupando per tutta
l’altezza il volume dei vecchi corridoi, disegneranno una nuova “geografia” interna. Alla funzione espositiva che trova spazio lungo tutto il percorso ascensionale, potranno sovrapporsi ulteriori attività che non vincoleranno la funzionalità degli altri ambienti. L’ingresso all’edificio, previsto sul fronte ovest, è segnalato da un volume rivestito in legno di larice (in cui è localizzata la foresteria) fortemente aggettante da un basamento in pietra (che ospita il magazzino). All’entrata il visitatore-utente è accolto da una hall a tripla altezza che restituisce immediatamente la complessità dell’intero dispositivo spaziale della galleria. Lo sviluppo del percorso espositivo-distributivo è caratterizzato dall’alternanza tra spazi compressi e forti dilatazioni verticali (dall’altezza ridotta del piano terra sino ad arrivare alla doppia altezza del piano +1.5) e dalla possibilità costante di traguardare visivamente i diversi piani. Nonostante l’articolazione del progetto, è stata garantita la completa accessibilità ai diversamente abili: i piani non raggiunti dall’ascensore sono connessi da rampe. Al piano terreno è possibile accedere a due sale destinate alle associazioni timavesi, ai servizi igienici e all’ascensore che conduce alle quote etnografico). Una delle sale è dotata di un accesso diretto alla galleria così da permetterne, in occasione di eventi particolari, un utilizzo connesso. Al livello +1 si trova un’altra sala destinata alle associazioni (raggiungibile anche dal piano +0.5 attraverso una scala) e lo spazio destinato alla fondazione Oreste Unfer dotato di una camera oscura. Al livello +1.5, una rampa conduce all’ultimo piano dove trova spazio la collezione etnografica di oggetti della cultura timavese, in parte ospitati in una grande teca visibile dai livelli inferiori. Da questo livello attraverso gli ampi lucernari è possibile ammirare la cima del Pizzo dei Camosci che sovrasta l’edificio. La galleria potrà raccontare la storia di Timau e della sua popolazione attraverso l’esposizione di oggetti e immagini disposti lungo tutto lo sviluppo del percorso oppure raccolti per singoli temi individuabili da ciascun piano della galleria. L’alloggio, che verrà adibito a foresteria per i ricercatori ospitati dal museo, è localizzato nel volume che sovrasta l’ingresso al museo ed è raggiungibile da una scala esterna. Internamente è caratterizzato da un blocco centrale in cui sono concentrati il servizio igienico, i letti a scomparsa e gli armadi. Questa soluzione permetterà la massima flessibilità a seconda del numero degli occupanti (da uno a cinque) senza porre dei vincoli nell’uso dello spazio. Le due grandi aperture sui fronti sud ed ovest inquadrano porzioni di paesaggio e di paese e, grazie al loro aggetto, diventano sedute dove leggere alla luce del sole. Il basamento della foresteria ospita il magazzino del museo, accessibile dall’esterno. Lo spazio aperto di pertinenza del museo viene funzionalmente diviso in parti: quella antistante l’ingresso pensata per l’accoglienza dei visitatori; dietro il volume della foresteria, destinata a diventare una palestra per l’arrampicata sportiva (utilizzando anche il declivio retrostante); l’area antistante il prospetto principale curata a giardino e adibita a spazio di pertinenza del museo e delle associazioni. Non è prevista la piantumazione di essenze arboree ad alto fusto, al fine di mantenere visibile l’immagine dell’edificio così come appare percorrendo la strada statale provenendo da Paluzza.
Progetto espositivo
La proposta avanzata circa l’allestimento della galleria si configura come un’indicazione di metodo con cui poter organizzare i materiali all’interno della nuova struttura. Essa non vuole rappresentare la soluzione finale a cui sarà necessario giungere, invece, attraverso una concertazione che comprenda i diversi soggetti coinvolti nella gestione. Il regesto degli oggetti da esporre, la loro importanza rispetto ad un progetto narrativo, insieme alle indicazioni provenienti dalla comunità, contribuirà alla definizione di un percorso che dovrà illustrare la vita di una comunità unica per la sua storia. Senza rigidezze e malinconie, ma come un terreno su cui far crescere le nuove generazioni grazie alla conoscenza della tradizione.
Ipotesi gestionale
Nella redazione del progetto è stato valutato l’aspetto riguardante la gestione dell’edificio. La varietà del programma funzionale previsto mira all’utilizzo continuativo e flessibile degli spazi da parte di utenze differenti e, soprattutto, al coinvolgimento di diversi attori nella gestione e
manutenzione. Il comune potrà avviare una convenzione con le associazioni timavesi per l’usufrutto degli ambienti del piano terra – favorendo, in particolare, quelle che prevedono un rapporto diretto con il pubblico, come la pro loco, o di impatto turistico come la corale “Teresina Unfer” – e dell’aula al livello 1, mentre potrà riservarsi la gestione del museo etnografico
(appoggiandosi agli stanziamenti europei e regionali per la salvaguardia della lingua germanofona) e della foresteria, che potrebbe essere inclusa nel nascente progetto dell’albergo diffuso. In questo modo l’alloggio sarebbe occupato anche nei periodi di inutilizzo (cioè in assenza di ricercatori e linguisti ospiti del museo) e garantirebbe le entrate necessarie a coprire alcune spese di manutenzione corrente. Ulteriori entrate potrebbero essere assicurate da un piccolo negozio, al piano terra, dove poter commercializzare il merchandising del museo.
Seguendo le Linee di indirizzo nuovo progetto montagna stilato dall’Assessorato alle Risorse Agricole, Naturali, Forestali e Montagna in cui si propone una forte cooperazione fra soggetti pubblici e privati nella promozione di azioni volte a valorizzare e integrare, nel sistema regionale, le diverse qualità che caratterizzano i singoli sistemi montani, il CET/T dovrà puntare a “fare sistema” con le altre strutture di promozione culturale della Carnia (come ad esempio il museo etnografico di Tolmezzo, il museo della Grande Guerra di Timau o la pinacoteca De Cilia di Treppo Carnico) affinché possa essere definito un percorso che, legando territorio, tradizioni e cultura, diventi volano di sviluppo turistico e economico per questa particolarissima comunità.